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IL VALORE DELL'ESEMPIO

La lezione di un grande maestro si esprime attraverso fatti concreti. Dedico l’editoriale di questo ContemporArt alla memoria di Enrico Crispolti (scomparso lo scorso 8 dicembre 2018), del quale non starò a ricordarne la caratura, dato quanto mai scontato, tantomeno a tracciarne la biografia, ampiamente reperibile. Credo utile, piuttosto, una breve riflessione maturata grazie a esperienze vissute in prima persona. Ricordo l’iniziale soggezione di fronte a quest’uomo che conoscevo attraverso i suoi scritti. Che aveva intrattenuto relazioni dirette con i grandi nomi. Ricordo i dialoghi a casa sua in merito a Fontana, Moreni, Leoncillo, Vacchi, Burri, Vedova e molti altri. Ricordo la sensazione di trovarmi davanti alla storia, a un uomo cioè che aveva vissuto in prima persona il mutare degli eventi e i suoi protagonisti. E poi ricordo la capacità di aprirsi al nuovo, di avventurarsi senza timore verso rotte non tracciate. Nei contributi pubblicati in questo numero di Contemporart da Antonella Pesola, Lorenzo Fiorucci, Giancarlo Carpi e Emanuele Meschini, se ne evidenzia in particolare una caratteristica umana, perlopiù estranea nel panorama nazionale degli storici dell’arte. E con ciò voglio sottolineare come questo studioso, che avrebbe potuto trincerarsi nelle proprie glorie, senza il rischio di venire scalfito dalla sperimentazione militante, continuava a buttarsi nelle novità con la disinvoltura di un ragazzo alle prime armi. Uno dei momenti più importanti della mia attività arrivò proprio da Crispolti, quando accettò di scrivere la presentazione di un artista emergente sul quale io stesso mi ero anni prima espresso. È strano, pensai in un primo momento, aveva scritto la prefazione al mio volume su Prampolini, eppure, quell’attestazione sul campo mi aveva dimostrato qualcosa di più significativo, che non aveva cioè a che fare con i libri di storia, ma col vissuto reale del nostro tempo. Così mi preme più di tutto ricordare l’esempio di uno storico e critico d’arte che non si è mai sottratto alla ricerca sul campo. Ma forse è proprio questo che un grande dovrebbe fare: avere il coraggio di non sedersi mai su se stesso. Vivere in presa diretta. Toccare tutto con mano, un po’ riecheggiando quel Vasari che in lungo e in largo per la penisola vagava a caccia di artisti da raccontare. E così è stato anche per ContemporArt, quando accettò l’allora invito di Massimo Duranti a collaborare con la nostra rivista, dove accanto avrebbe avuto giovani storici e critici d’arte, alcuni già suoi allievi diretti, altri acquisiti, ma pur sempre cresciuti sui suoi testi e sul suo esempio, ma nessun nome pari al suo. Un esempio da seguire, di rigore unito a un pizzico di spregiudicatezza, una libertà che a volte può sottoporti al pericolo dell’incomprensione, ma che quando sei davvero teso alla ricerca saprai sicuramente superare, attraversando la storia nel suo farsi e vivendo fino in fondo i suoi pregi e le sue contraddizioni. Questo il valore dell’esempio che qui mi piace ricordare dedicando a Crispolti l’intero numero di questa rivista.
                                                                                                                                                     Il direttore

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